Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione. I Tratti di Personalità sono modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali. Soltanto quando i tratti di personalità sono rigidi e non adattivi, e causano una compromissione funzionale significativa o una sofferenza soggettiva, essi costituiscono Disturbi di Personalità. La caratteristica essenziale di un Disturbo di Personalità è un modello costante di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, e si manifesta in almeno due delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale o controllo degli impulsi (Criterio A). Questo modello costante risulta inflessibile e pervasivo in un ampio spettro di contesti personali e sociali (Criterio B), e determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti (Criterio C). Il quadro è stabile e di lunga durata, e l’esordio si può far risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta (Criterio D). Il quadro non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale (Criterio E), e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una droga di abuso, un farmaco, l’esposizione ad una tossina) o di una condizione medica generale (per es., un trauma cranico) (Criterio F). Vengono anche forniti criteri diagnostici specifici per ognuno dei Disturbi di Personalità inclusi in questa sezione.  Gli item dei set di criteri per ognuno degli specifici Disturbi di Personalità vengono elencati in ordine di importanza diagnostica decrescente, misurata in base ai dati corrispondenti sull’efficienza diagnostica (quando disponibili). La diagnosi di Disturbo di Personalità richiede una valutazione del modello di funzionamento a lungo termine dell’individuo e le particolari caratteristiche di personalità devono essere evidenti fin dalla prima età adulta.

I tratti di personalità che definiscono questi disturbi devono anche essere distinti da caratteristiche che emergono in risposta ad eventi stressanti situazionali specifici o stati mentali più transitori (per es., Disturbi dell’Umore o d’Ansia, Intossicazione da Sostanze). Il clinico dovrebbe valutare la stabilità dei tratti di personalità nel tempo e in diverse situazioni. Sebbene sia talvolta sufficiente per fare diagnosi un singolo colloquio con la persona, spesso è necessario condurre più di un’intervista e distribuirle nel tempo.  La valutazione può anche essere complicata dal fatto che le caratteristiche che definiscono un Disturbo di Personalità possono non essere considerate problematiche da parte dell’individuo (cioè, i tratti sono spesso egosintonici). Può essere utile, per ovviare a questa difficoltà, raccogliere notizie supplementari da altre fonti. I Disturbi di Personalità sono raccolti in 3 gruppi, in base ad analogie descrittive. II gruppo A include i Disturbi di Personalità Paranoide, Schizoide e Schizotipico. Gli individui con questi disturbi spesso appaiono strani o eccentrici. II gruppo B include i Disturbi di Personalità Antisociale, Istrionico e Narcisistico. Gli individui con questi disturbi spesso appaiono amplificativi, emotivi o imprevedibili. Il gruppo C ii Disturbi di Personalità Evitante, Dipendente e Ossessivo-Compulsivo. Gli individui con questi disturbi appaiono spesso ansiosi o paurosi. Occorre precisare però, che questo sistema di raggruppamento, sebbene utile in alcune situazioni di ricerca e didattiche, presenta serie limitazioni, e non è stato coerentemente validato. Inoltre, gli individui frequentemente presentano una concomitanza di Disturbi di Personalità appartenenti a gruppi diversi.

Disturbi dell’Umore sono suddivisi in Disturbi Depressivi (“depressione unipolare”), Disturbi Bipolari e due disturbi basati sull’eziologia – Disturbo dell’Umore Dovuto ad una Condizione Medica Generale e Disturbo dell’Umore Indotto da Sostanze.

I Disturbi Depressivi (Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo Distimico e Disturbo dell’Umore Non Altrimenti Specificato. 

  • si distinguono dai Disturbi Bipolari per l’assenza di Episodi Maniacali, Misti o Ipomaniacali in anamnesi.

    I Disturbi Bipolari (Disturbo Bipolare I, Disturbo Bipolare II, Disturbo Ciclotimico e Disturbo Bipolare Non Altrimenti Specificato) implicano la presenza (o l’anamnesi) di Episodi Maniacali, Episodi Misti o Episodi Ipomaniacali, solitamente accompagnati dalla presenza (o anamnesi) di Episodi Depressivi Maggiori.

    Il Disturbo Depressivo Maggiore è caratterizzato da uno o più Episodi Depressivi Maggiori (per almeno due settimane umore depresso o perdita di interesse, accompagnati da almeno altri quattro sintomi depressivi).

    Il Disturbo Distimico è caratterizzato dalla presenza per almeno due anni di umore depresso quasi ogni giorno, accompagnato da altri sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per un Episodio Depressivo Maggiore.

    Il Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato viene incluso per codificare i disturbi con manifestazioni depressive che non soddisfano i criteri per Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo Distimico, Disturbo dell’Adattamento con Umore Depresso o Disturbo dell’Adattamento con Umore Depresso misto ad Ansia (o sintomi depressivi sui quali siano disponibili informazioni inadeguate o contraddittorie).

    Il Disturbo Bipolare I è caratterizzato da uno o più Episodi Maniacali o Misti, solitamente accompagnati da Episodi Depressivi Maggiori.

    Il Disturbo Bipolare II è caratterizzato da uno o più Episodi Depressivi Maggiori accompagnati da almeno un Episodio Ipomaniacale.

    Il Disturbo Ciclotimico è caratterizzato dalla presenza, per almeno due anni, di numerosi periodi con sintomi maniacali che non soddisfano i criteri per l’Episodio Maniacale e di numerosi periodi con sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per l’Episodio Depressivo Maggiore.

    Il Disturbo Bipolare Non Altrimenti Specificato viene incluso per codificare i disturbi con manifestazioni bipolari che non soddisfano i criteri per alcuno specifico Disturbo Bipolare definito in questa sezione (o i sintomi bipolari sui quali siano disponibili informazioni inadeguate o contraddittorie).

    Il Disturbo dell’Umore Dovuto ad una Condizione Medica Generale è caratterizzato da una notevole e persistente alterazione dell’umore ritenuta una diretta conseguenza fisiologica di una condizione medica generale.

    Il Disturbo dell’Umore Indotto da Sostanze è caratterizzato da una notevole e persistente alterazione dell’umore ritenuta una diretta conseguenza fisiologica di una droga, di abuso di un farmaco, di un altro trattamento somatico per la depressione o dell’esposizione ad una tossina.

    Il Disturbo dell’Umore Non Altrimenti Specificato viene incluso per codificare quei disturbi con sintomi dell’umore che non soddisfano i criteri per alcun Disturbo dell’Umore specifico, e per i quali non sia possibile distinguere tra Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato e Disturbo Bipolare Non Altrimenti Specificato (per es., agitazione acuta).

    Le specificazioni descritte nella terza parte della sezione vengono fornite per aumentare la specificità diagnostica, creare sottogruppi più omogenei, assistere nella selezione del trattamento, e migliorare la formulazione della prognosi.

Disturbo di Panico Senza Agorafobia, Disturbo di Panico con Agorafobia, Agorafobia senza Anamnesi di Disturbo di Panico, Fobia Specifica, Fobia Sociale, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Disturbo Post-traumatico da Stress, Disturbo Acuto da Stress, Disturbo d’Ansia Generalizzato, Disturbo d’Ansia Dovuto ad una Condizione Medica Generale, Disturbo d’Ansia Indotto da Sostanze e Disturbo d’Ansia Non Altrimenti Specificato.

  • Un Attacco di Panico corrisponde a un periodo preciso durante il quale vi è l’insorgenza improvvisa di intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con una sensazione di catastrofe imminente. Durante questi attacchi sono presenti sintomi come dispnea, palpitazioni, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia o di soffocamento, e paura di “impazzire” o di perdere il controllo.

     

    L’Agorafobia è l’ansia o l’evitamento verso luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile (o imbarazzante) allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di un Attacco di Panico o di sintomi tipo panico.

     

    Il Disturbo di Panico Senza Agorafobia è caratterizzato da ricorrenti Attacchi di Panico inaspettati, riguardo ai quali vi è una preoccupazione persistente. Il Disturbo di Panico con Agorafobia è caratterizzato sia da ricorrenti Attacchi di Panico inaspettati che da Agorafobia.

     

    L’Agorafobia Senza Anamnesi di Disturbo di Panico è caratterizzata dalla presenza di Agorafobia e di sintomi tipo panico senza anamnesi di Attacchi di Panico inaspettati.

     

    La Fobia Specifica è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a un oggetto o a una situazione temuti, che spesso determina condotte di evitamento.

     

    La Fobia Sociale è caratterizzata da un’ansia clinicamente significativa provocata dall’esposizione a certi tipi di situazioni o di prestazioni sociali, che spesso determina condotte di evitamento.

     

    Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è caratterizzato da ossessioni (che causano ansia o disagio marcati) e/o compulsioni (che servono a neutralizzare l’ansia).

     

    Il Disturbo Post-traumatico da Stress è caratterizzato dal rivivere un evento estremamente traumatico accompagnato da sintomi di aumento dell’arousal e da evitamento di stimoli associati al trauma.

     

    Il Disturbo Acuto da Stress è caratterizzato da sintomi simili a quelli del Disturbo Post-traumatico da Stress che si verificano immediatamente a seguito di un evento estremamente traumatico.

     

    Il Disturbo d’Ansia Generalizzato è caratterizzato da almeno 6 mesi di ansia e preoccupazione persistenti ed eccessive.

     

    Il Disturbo d’Ansia Dovuto ad una Condizione Medica Generale è caratterizzato da sintomi rilevanti di ansia ritenuti conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale.

     

    Poiché il Disturbo d’Ansia di Separazione (caratterizzato da ansia legata alla separazione dalle figure genitoriali) di solito si manifesta nell’infanzia, viene incluso nella sezione “Disturbi Solitamente Diagnosticati per la Prima Volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza o nell’Adolescenza”.

I disturbi del sonno sono piuttosto diffusi e possono far soffrire persone di qualsiasi età. Esse accusano spesso di non dormire a sufficienza, di non riposare bene o di non riuscire ad addormentarsi.

Le conseguenze della mancanza di riposo sono evidenti: borse sotto gli occhi, pelle poco luminosa, palpebre appesantite e afflosciate, ansia, irritabilità, nervosismo e stanchezza. 

  • Talvolta la difficoltà a dormire è causata da motivi abbastanza semplici da capire, per esempio la presenza di rumori disturbanti provenienti dall’esterno o frequenti brutti sogni, e in tal caso è più facile affrontare il problema. Di frequente, però, alla base ci sono motivazioni di più difficile risoluzione. L’avanzare dell’età spesso è associato ad una difficoltà a dormire bene. I disturbi del sonno sono presumibilmente generati da anomalie dei meccanismi che regolano il ritmo sonno-veglia.

    Si suddividono in dissonnie e parasonnie. Le dissonnie interferiscono con l’inizio o con la continuazione del sonno e ne provocano quindi un’alterazione della quantità, della qualità o del ritmo. Le parasonnie sono invece un insieme di fenomeni non desiderati prevalentemente legati ai sogni. Avvengono maggiormente nell’infanzia e nell’adolescenza.

    Disturbo del sonno correlato alla respirazione: è caratterizzato da un sonno interrotto, implicante eccessiva sonnolenza o insonnia, che si ritiene dovuto ad una patologia della respirazione correlata al sonno (per es. sindrome da apnea del sonno ostruttiva o centrale, oppure sindrome da ipoventilazione alveolare centrale). Il disturbo non è attribuibile ad un altro disturbo mentale, e non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una sostanza di abuso o un farmaco) o di un’altra condizione medica generale (diversa da un disturbo correlato alla respirazione).

    Disturbo del ritmo circadiano del sonno: si tratta di un disturbo persistente o ricorrente caratterizzato dall’interruzione del sonno che porta ad una eccessiva sonnolenza o insonnia dovuta ad uno squilibrio tra il ciclo sonno-veglia richiesto dall’ambiente in cui vive la persona e il suo particolare ritmo circadiano sonno-veglia. L’alterazione del sonno causa un disagio clinicamente significativo o la menomazione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre aree importanti. L’alterazione non si verifica esclusivamente durante il decorso di un altro disturbo del sonno o di un altro disturbo mentale. L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (cioè, una sostanza di abuso, un farmaco) o ad una condizione medica generale. Può essere provocato, per esempio, da turni di lavoro che obbligano la persona a seguire ritmi di sonno-veglia irregolari.

    PARASONNIE: sono sei, ovvero il disturbo da incubi, il terrore nel sonno (Pavor Nocturnus), il sonnambulismo, la sindrome da gambe senza riposo, il bruxismo e l’enuresi notturna.

    Il disturbo da incubi: avviene nella seconda metà della notte, quando il sonno è più profondo, e provoca sogni terrificanti, caratterizzati da immagini vivide e molto emotive, che portano la persona a svegliarsi. Al risveglio, la persona ricorda il sogno terrifico nei dettagli, e può presentare ansia, paura e difficoltà a tornare a dormire, tachicardia, sudorazione e tachipnea (accelerazione del ritmo del respiro). A volte gli incubi possono essere ripetuti più volte in una sola notte, spesso con temi ricorrenti. Gli incubi cominciano spesso quando il bambino ha tra i 3 e i 6 anni. A differenza del pavor nocturnus, dopo l’incubo si ha un completo risveglio, e memoria del sogno.

    Il terrore nel sonno (Pavor Nocturnus): compare nel primo terzo della notte e si manifesta con un brusco risveglio spesso accompagnato da urla, pianto, tachicardia, tachipnea (accelerazione del ritmo del respiro), sudorazione e pupille dilatate. Il pavor nocturnus è caratterizzato da un’intensità emotiva maggiore rispetto all’incubo. A differenza dell’incubo notturno, il terrore nel sonno si manifesta più come una crisi d’angoscia. Il soggetto può ricordare solo frammenti di sogno, ma non i contenuti. L’episodio può durare da 1 a 10 minuti e generalmente avviene tra i 4 e i 12 anni, in alcuni casi anche dai 20 ai 30.

    Il sonnambulismo: questo disturbo del sonno porta la persona (il sonnambulo), a compiere azioni come camminare, mangiare, stare seduta sul letto, etc. mentre sta ancora dormendo, senza quindi rendersene conto. Di solito avviene all’inizio della notte, nella fase chiamata NREM (vedi ansia e sonno). Svegliare un sonnambulo non è semplice, e nel caso in cui si riesca a farlo, la persona può risultare confusa, e non capire la situazione. Spesso la persona affetta da sonnambulismo, se non disturbata, torna a letto spontaneamente dopo circa 15 minuti, senza che abbia ricordi di quello che è successo. Il sonnambulismo solitamente compare tra i 4 e gli 8 anni, e ha la massima frequenza nel periodo che va dall’infanzia alla adolescenza.

    La sindrome da gambe senza riposo: è caratterizzata da una sensazione di fastidio alle gambe, che la persona avverte nel momento in cui va a dormire, o comunque quando è a riposo. più precisamente le sensazioni sono: formicolio, crampi, irrequietezza, prurito, a volte anche solo difficoltà a tenere le gambe ferme, ed un bisogno irresistibile di muoverle. Questo spesso porta la persona ad alzarsi dal letto e camminare, fino a che non sente che il disturbo diminuisce. La sindrome da gambe senza riposo provoca difficoltà ad addormentarsi, e i possibili frequenti movimenti delle gambe durante il sonno possono provocare risvegli. È possibile, quindi, che di giorno la persona si senta stanca e deconcentrata. Ne soffrono di frequente le donne in gravidanza e le persone di mezza età. Il disturbo può peggiorare in gravidanza, con l’assunzione di caffeina, in caso di anemia, oppure se esposti per molto tempo in ambienti caldi o freddi.

    Il bruxismo (o digrignamento dei denti): è un disturbo che consiste nello sfregare tra di loro i denti, senza accorgersene. Solitamente avviene poco dopo che la persona è andata a dormire. Nella maggior parte dei casi avviene di notte, mentre la persona dorme (bruxismo notturno), e questo fa si che la persona non si renda conto di quanto succede. Questo movimento incontrollato può provocare tensione muscolare alla mandibola, difficoltà ad aprire completamente la bocca, mal di testa e di orecchie, ma soprattutto provoca danni ai denti, in termini di riduzione della lunghezza, usura, con conseguente aumento della sensibilità al caldo, al freddo, ed allo spazzolino. I denti maggiormente colpiti sono soprattutto gli incisivi laterali, ed i canini. Tra le possibili cause del bruxismo, quella principale è lo stress.

    L’enuresi notturna: è un disturbo che provoca la difficoltà o l’incapacità di controllare la fuoriuscita di urine durante il sonno. Si tratta di un fenomeno abbastanza comune e normale se si presenta entro i 6 anni circa. Se avviene più tardi vanno ricercate le cause, che possono essere organiche, anche se raramente (infezione delle vie urinarie, difetti nella funzione neurologica della vescica etc.). Può anche esservi un disturbo percettivo (ovvero il bambino non riesce ad avvertire lo stimolo di notte), o più frequentemente cause psicologiche (bisogno di attenzione, particolari cambiamenti avvenuti in casa, ansia etc.). L’enuresi può essere ereditaria, soprattutto se il bambino non ha mai avuto il controllo della vescica, sin da piccolino.

La dipendenza da Internet o Internet addiction è in realtà un termine piuttosto vasto che copre un’ampia varietà di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi (T.Cantelmi, M.Talli, “Anatomia di un problema, una review sui fenomeni psicopaologici Internet-correlati, in Psicotech, n.2, 2007, pg. 9-10).

  • Inoltre la dipendenza da internet e la dipendenza dal computer sono ormai inscindibilmente legate e a volte si usa il termine di dipendenza online per indicare il fenomeno nel suo complesso.

     

    Sono stati infatti riconosciuti 5 tipi specifici di dipendenza online:

     

    1.Dipendenza cyber-sessuale (o dal sesso virtuale): gli individui che ne soffrono sono di solito dediti allo scaricamento, all’utilizzo e al commercio di materiale pornografico online, o sono coinvolti in chat-room per soli adulti (vedi la più generale dipendenza sessuale).

     

    2.Dipendenza cyber-relazionale (o dalle relazioni virtuali): gli individui che ne sono affetti diventano troppo coinvolti in relazioni online o possono intraprendere un adulterio virtuale. Gli amici online diventano rapidamente più importanti per l’individuo, spesso a scapito dei rapporti nella realtà con la famiglia e gli amici. In molti casi questo conduce all’instabilità coniugale o della famiglia.

     

    3.Net Gaming: la dipendenza dai giochi in rete comprende una vasta categoria di comportamenti, compreso il gioco d’azzardo patologico, i videogame, lo shopping compulsivo e il commercio online compulsivo. In particolare, gli individui utilizzeranno i casinò virtuali, i giochi interattivi, i siti delle case d’asta o le scommesse su Internet, soltanto per perdere importi eccessivi di denaro, arrivando perfino ad interrompere altri doveri relativi all’impiego o rapporti significativi.

     

    4.Sovraccarico cognitivo: la ricchezza dei dati disponibili sul World Wide Web ha creato un nuovo tipo di comportamento compulsivo per quanto riguarda la navigazione e l’utilizzo dei database sul Web. Gli individui trascorreranno sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e nell’organizzazione di dati dal Web. A questo comportamento sono tipicamente associate le tendenze compulsive-ossessive ed una riduzione del rendimento lavorativo.

     

    5.Gioco al computer: negli anni ’80 giochi quali il Solitario e il campo minato furono programmati nei calcolatori ed i ricercatori scoprirono che il gioco ossessivo sul computer era diventato un problema nelle strutture organizzate, dato che gli impiegati trascorrevano la maggior parte del giorno a giocare piuttosto che a lavorare. Questi giochi non prevedono l’interazione di più giocatori e non sono giocati in rete.

     

    Le terapie

    Le terapie ritenute più efficaci per curare la Internet dipendenza sono sostanzialmente le stesse impiegate per gli altri tipi di dipendenza

La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Tuttavia questi bambini sono intelligenti e, di solito, vivaci e creativi.

Come si manifesta

A volte non riesce ad imparare le tabelline e alcune informazioni in sequenza come le lettere dell’alfabeto, i giorni della settimana, i mesi dell’anno.

Può fare confusione per quanto riguarda i rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra; ieri/domani; mesi e giorni; lettura dell’orologio) e può avere difficoltà a esprimere verbalmente ciò che pensa.

  • In alcuni casi sono presenti anche difficoltà in alcune abilità motorie (ad esempio allacciarsi le scarpe), nella capacità di attenzione e di concentrazione. Spesso il bambino finisce con l’avere problemi psicologici, quale demotivazione, scarsa autostima, ma questi sono una conseguenza, non la causa della dislessia.

     

    Il bambino appare disorganizzato nelle sue attività, sia a casa che a scuola. Ha difficoltà a copiare dalla lavagna e a prendere nota delle istruzioni impartite oralmente. Il disturbo specifico comporta un impatto significativo e negativo per l’adattamento scolastico e /o per le attività della vita quotidiana.

La caratteristica fondamentale di un Disturbo dell’Adattamento è una risposta psicologica ad uno o più fattori stressanti identificabili che conducono allo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali clinicamente significativi.

I sintomi devono svilupparsi entro 3 mesi dall’esordio del fattore o dei fattori stressanti (Criterio A).
La rilevanza clinica della reazione è indicata dal notevole disagio, che va al di là di quello prevedibile in base alla natura del fattore stressante, o da una significativa compromissione del funzionamento sociale o lavorativo (scolastico) (Criterio B).

  • In altre parole una reazione ad un fattore stressante che possa essere considerata normale o attesa può ancora rendere giustificabile una diagnosi di Disturbo dell’Adattamento se la reazione è sufficientemente grave da causare compromissione significativa.

     

    Questa categoria non dovrebbe essere usata se l’anomalia soddisfa i criteri per un altro disturbo specifico in Asse I (per es., un Disturbo d’Ansia o un Disturbo dell’Umore specifico), o se costituisce solo un’esacerbazione di un preesistente disturbo in Asse I o Asse II (Criterio C). Comunque, un Disturbo dell’Adattamento può essere diagnosticato in presenza di un altro disturbo in Asse I o II se quest’ultimo non spiega il tipo di sintomi che si sono manifestati in risposta al fattore stressante. La diagnosi di Disturbo dell’Adattamento non è corretta neppure quando i sintomi corrispondono al Lutto (Criterio D). Per definizione, un Disturbo dell’Adattamento deve risolversi entro 6 mesi dalla cessazione del fattore stressante (o delle sue conseguenze) (Criterio E).

     

    Comunque, i sintomi possono persistere per un periodo prolungato (cioè, più di 6 mesi) se si manifestano in risposta ad un fattore stressante cronico (per es., una condizione medica generale cronica e invalidante) o ad un fattore stressante che ha conseguenze durature (per es., le difficoltà finanziarie ed emotive che derivano da un divorzio).

     

    Il fattore stressante può essere costituito da un singolo evento (per es., fine di una relazione sentimentale), oppure possono esservi fattori stressanti multipli (per es., notevoli difficoltà negli affari e problemi coniugali). I fattori stressanti possono essere ricorrenti (per es., associati con crisi economiche legate a oscillazioni stagionali degli affari) o continui (per es., il vivere in una zona ad alta criminalità). I fattori stressanti possono interessare un singolo individuo, un’intera famiglia, oppure un gruppo più ampio o la comunità (per es., in un disastro naturale). Alcuni fattori stressanti possono essere associati ad eventi specifici dello sviluppo (per es., andare a scuola, lasciare la casa dei genitori, sposarsi, diventare genitore, mancare obiettivi professionali, andare in pensione).

La caratteristica essenziale dei Disturbi Dissociativi è la sconnessione delle funzioni, solitamente integrate, della coscienza, della memoria, della identità o della percezione. Le alterazioni possono essere improvvise o graduali, transitorie o croniche. Nella sezione sono compresi i disturbi seguenti. 

    • Amnesia Dissociativa, che è caratterizzata dalla incapacità di rievocare importanti notizie personali, che è usualmente di natura traumatica e stressogena, e che risulta troppo estesa per essere spiegata con una normale tendenza a dimenticare;
    • Fuga Dissociativa, che è caratterizzata dall’allontanamento improvviso e inaspettato da casa o dall’abituale posto di lavoro, accompagnato dalla incapacità di ricordare il proprio passato e da confusione circa la propria identità personale, oppure dalla assunzione di una nuova identità;
    • Disturbo Dissociativo dell’Identità (precedentemente Disturbo da Personalità Multipla), che è caratterizzato dalla presenza di due o più distinte identità o stati di personalità che in modo ricorrente assumono il controllo del comportamento del soggetto, accompagnato da una incapacità di ricordare importanti notizie personali che è troppo estesa per essere spiegata con una normale tendenza a dimenticare. È un disturbo caratterizzato da frammentazione dell’identità piuttosto che dalla proliferazione di personalità separate;
    • Disturbo di Depersonalizzazione, che è caratterizzato dal sentimento persistente o ricorrente di essere staccato dal proprio corpo o dai propri processi mentali, mentre rimane intatto il test di realtà;
    • Disturbo Dissociativo Non Altrimenti Specificato, che è stato incluso per registrare i disturbi in cui la manifestazione principale è un sintomo dissociativo, ma che non soddisfano i criteri per nessun Disturbo Dissociativo Specifico.

     

    Sintomi dissociativi sono inclusi anche nei criteri per il Disturbo Acuto da Stress, il Disturbo Post-traumatico da Stress, e il Disturbo di Somatizzazione. La diagnosi aggiuntiva di Disturbo Dissociativo non viene emessa se i sintomi dissociativi si manifestano esclusivamente nel corso di uno di questi disturbi. In alcune classificazioni le reazioni di conversione vengono considerate fenomeni dissociativi; tuttavia nel DSM-IV il Disturbo di Conversione è stato inserito nella sezione “Disturbi Somatoformi” per sottolineare l’importanza di tenere in considerazione le condizioni mediche generali o neurologiche ai fini della diagnosi differenziale.

     

    Risulta particolarmente importante nella valutazione dei Disturbi Dissociativi la prospettiva trans-culturale, in quanto gli stati dissociativi possono essere espressioni comuni e accettate di attività culturali o di esperienze religiose in molte società.

     

    La dissociazione non dovrebbe essere considerata automaticamente patologica, anche perché spesso non provoca significativo disagio, menomazione, o ricerca di aiuto. Tuttavia un certo numero di sindromi culturalmente determinate caratterizzate da dissociazione causano invece disagio e menomazione, e sono riconosciute come manifestazioni patologiche anche nella popolazione d’origine del paziente, benché la sintomatologia possa assumere diverse forme in diverse culture, quali episodi ricorrenti brevi di stupor dissociativo o possessione da spiriti in India.

Le Disfunzioni Sessuali sono caratterizzate da modificazioni psicofisiologiche che caratterizzano il “Ciclo di risposta sessuale”, e causano notevole disagio e difficoltà interpersonali.

Le Disfunzioni Sessuali comprendono i Disturbi del Desiderio Sessuale (Disturbo da Desiderio Sessuale Ipoattivo, Disturbo da Avversione Sessuale), i Disturbi dell’Eccitazione Sessuale (Disturbo dell’Eccitazione Sessuale Femminile, Disturbo Maschile dell’Erezione), Disturbi dell’Orgasmo (Disturbo dell’Orgasmo Femminile, Disturbo dell’Orgasmo Maschile, Eiaculazione Precoce), Disturbi da Dolore Sessuale (Dispareunia, Vaginismo), Disfunzione Sessuale Dovuta ad una Condizione Medica Generale, Disfunzione Sessuale Indotta da Sostanze, e Disfunzione Sessuale Non Altrimenti Specificata.

  • Le Parafilie sono caratterizzate da ricorrenti e intensi impulsi, fantasie, o comportamenti sessuali che implicano oggetti, attività o situazioni inusuali e causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento. Le Parafilie includono l’Esibizionismo, il Feticismo, il Frotteurismo, la Pedofilia, il Masochismo Sessuale, il Sadismo Sessuale, il Feticismo di Travestimento, il Voyeurismo, e la Parafilia non Altrimenti Specificata.

    I Disturbi dell’Identità di Genere sono caratterizzati da intensa e persistente identificazione col sesso opposto, associata a persistente malessere riguardante la propria assegnazione sessuale. L’identità di genere si riferisce alla percezione che l’individuo ha di sé come maschio o femmina. Il termine disforia di genere denota intensi e persistenti sentimenti di disagio per il proprio sesso, il desiderio di possedere il corpo dell’altro sesso ed il desiderio di essere considerato dagli altri come un membro dell’altro sesso.

    I termini identità di genere e disforia di genere dovrebbero essere distinti dal termine orientamento sessuale, che si riferisce all’attrazione erotica verso i maschi, le femmine od entrambi.

    Il Disturbo Sessuale Non Altrimenti Specificato viene incluso per codificare i disturbi del funzionamento sessuale che non sono classificabili in alcuna categoria specifica. È importante sottolineare che i concetti di devianza, di standard della prestazione sessuale, e di adeguato ruolo sessuale possono variare da cultura a cultura.

    Le Disfunzioni Sessuali:

    Una Disfunzione Sessuale è caratterizzata da un’anomalia del processo che sottende il ciclo di risposta sessuale, o da dolore associato al rapporto sessuale. Il ciclo di risposta sessuale può essere diviso nelle seguenti fasi:

    1. Desiderio.

    Questa fase consiste in fantasie sull’attività sessuale e nel desiderio di praticare attività sessuale.

    2. Eccitazione.

    Questa fase consiste in una sensazione soggettiva di piacere sessuale e nelle concomitanti modificazioni fisiologiche. Le principali modificazioni nel maschio sono la tumescenza del pene e l’erezione. Le principali modificazioni nella donna sono la vasocongestione pelvica, la lubrificazione e la dilatazione della vagina, e la tumescenza dei genitali esterni.

    3. Orgasmo.

    Questa fase consiste in un picco di piacere sessuale, con allentamento della tensione sessuale e contrazioni ritmiche dei muscoli perineali e degli organi riproduttivi. Nel maschio vi è la sensazione di inevitabilità dell’eiaculazione, seguita dall’emissione di sperma. Nella femmina vi sono contrazioni (non sempre percepite soggettivamente come tali) della parete del terzo esterno della vagina. Sia nel maschio che nella femmina, lo sfintere anale si contrae ritmicamente.

    4. Risoluzione.

    Questa fase consiste in una sensazione di rilassamento muscolare e di benessere generale. Durante questa fase, i maschi sono fisiologicamente refrattari ad ulteriori erezioni ed orgasmi per un periodo variabile di tempo. Al contrario, le femmine possono essere in grado di rispondere a nuove stimolazioni quasi immediatamente.

    I disturbi della risposta sessuale possono verificarsi in una o più di queste fasi. Quando è presente più di una Disfunzione Sessuale, tutte devono essere registrate. Nei criteri diagnostici non si cerca di specificare una frequenza minima o una gamma di situazioni, attività o tipi di rapporti sessuali in cui la disfunzione deve verificarsi. Questa valutazione deve essere fatta dal clinico, tenendo conto di fattori come l’età e l’esperienza del soggetto, la frequenza e la cronicità del sintomo, il disagio soggettivo, e l’effetto su altre aree del funzionamento.

    I termini persistente o ricorrente nei criteri diagnostici indicano la necessità di un giudizio clinico di questo tipo. Se la stimolazione sessuale è inadeguata per localizzazione, intensità, o durata, la diagnosi di Disfunzione Sessuale riguardante l’eccitazione o l’orgasmo non viene fatta.